Le Porte dell'anno. Indiani d'America
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GUFO

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Il gufo, rapace notturno, era considerato in tutto il Nord America indigeno come un animale dotato di particolari poteri per la sua capacità di vedere nell’oscurità. Ne esistono numerose specie, tra le quali la più grande e diffusa è il “gufo cornuto” (Bubo virginianus), così chiamato per i due grandi ciuffi di penne sulle orecchie che lo caratterizzano. Il gufo era spesso considerato un protettore e un benefattore per coloro che ne chiedevano l’aiuto e poteva far dono delle sue qualità di cacciatore e di conoscitore delle cose occulte e nascoste. I Menomini delle foreste orientali, come altri popoli delle Grandi Pianure, celebravano una danza, nel corso della quale i partecipanti imitavano le movenze del gufo, considerato come un essere potente che conferiva il dono della medicina oppure le abilità e l’invisibilità del guerriero.

 

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Figure in terracotta a forma di gufo provenienti da tumuli funerari del Missouri, databili tra il 600 e il 1200 d. C. (Peabody Museum of Archaeology and Ethnology, Cambridge, Massachusetts)
 

 

Inoltre, specialmente tra i popoli della Costa di Nord-Ovest, il gufo era associato all’oscurità della notte e quindi alla morte e si pensava che potesse chiamare il nome delle persone che erano in procinto di morire, come illustrato nel film “Ho sentito un gufo gridare il mio nome” (I Heard the Owl Call My Name, 1973) del regista Daryl Duke, ambientato tra le comunità native della Columbia Britannica. Il gufo era visto dagli Ojibwa dei Grandi Laghi come un animale mediatore tra la vita e la morte e quindi in grado di guidare coloro che si avventuravano lungo il sentiero che conduce al mondo dei morti, fornendo loro la propria capacità di vedere nell’oscurità. Il ruolo che ad esso veniva attribuito nelle cerimonie sciamaniche del Midewiwin rivela la sua natura di mediatore tra vivi e morti, esseri umani e spiriti, tra mondo visibile e mondo invisibile (Pomedli 2014).

 
     
  Maschera di gufo dei Tlingit (Trevor Mills Vancouver Art Gallery)   Maschera di gufo dei Tsimshian (collezione privata)  
 

 

Per i Lakota delle Grandi Pianure l’entrata alla Via Lattea era sorvegliata da una vecchia donna chiamata “Colei che fa il Gufo” o “che imita il Gufo” (Hihankaga). La Via Lattea era la strada seguita dagli spiriti dei defunti per raggiungere il paese dei morti. Se la vecchia osservava nello spirito che si avvicinava alcune mancanze lo spingeva fuori dal sentiero, trasformandolo così in un fantasma errante. Sembra che tale personaggio fosse una manifestazione della Donna Doppia, una figura femminile pericolosa e temibile, che poteva trasformarsi in gufo per rapire i bambini. Uno dei nomi con cui i Lakota designavano Harney Peak, la cima più alta delle Black Hills, era Hihan Kaga Pa, la Collina di Colei che Imita il Gufo (Sundstrom 1997).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Collana ornata di penne di gufo degli Ojibwa (Peabody Museum of Archaeology and Ethnology, Cambridge, Massachusetts)

 

 

 

 
 
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