Le Porte dell'anno. Indiani d'America
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DONNA-ORSO

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Tra i Dakota del Canada, un ragazzo che voleva entrare a tutti gli effetti nella vita adulta, poteva sottoporsi a un rituale, nel corso del quale egli “faceva l’orso”. Si costruiva un simulacro della tana dell’animale, con quattro sentieri che, dipartendosi da essa, conducevano verso le quattro direzioni del cosmo e il candidato vi passava un certo tempo in meditazione. Poi veniva fatto uscire con una pantomima che imitava una caccia all’orso, durante la quale egli veniva simbolicamente abbattuto (Wallis 1947: 64-65).

Anche in questo caso, secondo il pensiero indigeno il candidato non si limitava a una semplice imitazione dell’animale, bensì si pensava che si trasformasse effettivamente in un orso, la cui uccisione rappresentava il momento della sua ri-trasformazione in essere umano. Da questa esperienza di trasformazione, l’individuo otteneva un potere rinvigorente, un incremento di energia e nuove qualità che gli consentivano di accedere alla sua nuova condizione di adulto ottenendo il riconoscimento sociale dell’avvenuta metamorfosi. In questo senso, l’esperienza trasformativa costituiva il nucleo centrale del processo di costruzione della personalità.


Analogamente, tra gli Ojibwa, una ragazza che non aveva ancora raggiunto la pubertà era chiamata wemukowe, ossia “sta per divenire un’orsa”. Con il sopraggiungere del primo flusso mestruale, la giovane veniva isolata in una apposita capanna, dove viveva appartata rispetto alla sua famiglia per alcuni giorni e in questo periodo veniva chiamata mukowe, “lei è un’orsa” (Rockwell 1991: 185). Ancora negli anni Cinquanta, tra gli Ojibwa settentrionali in Canada, la ragazza al sopraggiungere delle prime mestruazioni rimaneva in casa per alcuni giorni e il padre di una ragazza spiegava che la sua assenza da scuola non era dovuta a malattia, ma al fatto che lei “era un orsa” (wa-uhkawin-akosi-dashmukowe) (Dunning 1959: p. 100).

 

donna Ojibwa  

 

Little Bird, donna Ojibwa, fotografata da Roland W. Reed nel 1908

 
Ritratto di donna Ojibwa, fotografata nel 1907 da Roland W. Reed (National Geographic)

 

Queste tradizioni sono straordinariamente simili a quanto sappiamo avvenisse nell’antica Grecia presso il santuario di Artemide a Brauron, vicino ad Atene. Un gruppo di fanciulle, in prossimità dell’età puberale, risiedeva per un certo tempo presso il santuario, dove si sottoponeva all’arkteia, ossia una prestazione rituale nel corso della quale esse dovevano imitare le orse, o, per meglio dire, divenire “orse” (arktoi) (Brelich 1969: 229 sgg.). La spiegazione mitica del rituale raccontava di un’orsa che era stata uccisa, dopo aver ferito una ragazza. L’oracolo di Delfi ordinò che le ragazze ateniesi, da allora in avanti, avrebbero dovuto “fare le orse” durante il “rituale dell’orsa” (arkteia). E’ molto improbabile che in epoca classica questa cerimonia coinvolgesse tutte le ragazze della città di Atene, più probabilmente si trattava soltanto di alcune fanciulle, scelte con criteri che non sappiamo, che dovevano rappresentare tutte le loro coetanee (Dowden 1989: 33-34). È anche possibile che fossero le sacerdotesse che guidavano il rito ad essere chiamate “orse”, come le loro giovani allieve.


Forse in connessione con questi costumi, in America esistono numerosi racconti mitici che narrano della trasformazione di una donna in orsa. Nella versione più diffusa, una giovane donna rifiutava qualunque proposta di matrimonio e ogni giorno si allontanava dal villaggio per recarsi nella foresta, dove si incontrava con il suo amante segreto, un orso. Quando gli abitanti del villaggio scoprirono la storia, su suggerimento della sorella minore della ragazza, uccisero con un’imboscata l’animale. Qualche tempo dopo, mentre giocava con la sorellina, la giovane donna cominciò a imitare scherzosamente il comportamento di un orso, trasformandosi però realmente in un animale feroce, che attaccò e uccise numerose persone del suo accampamento. I sei fratelli e la sorella tentarono di sfuggire ma vennero inseguiti dall’orsa inferocita. Si rifugiarono in cima a un albero, da cui riuscirono alla fine a uccidere l’animale inseguitore.  A questo punto, decisero di trasferirsi in cielo, dove si trasformarono nelle sette stelle dell’Orsa Maggiore (Comba 1999).
Uno dei luoghi in cui, secondo la leggenda, si svolse questa vicenda è l’altura rocciosa che oggi si chiama Devils Tower, in Wyoming, ma che era conosciuta dalle popolazioni native come la “Montagna dell’Orso”. Sulla cima di questa montagna trovarono temporaneo rifugio i bambini che cercavano si sfuggire alla loro compagna di gioco, trasformatasi in un’orsa gigantesca, che lasciò le tracce dei suoi artigli sulla superficie della roccia (Gunderson 1988).

 

Montagna dell'orso, Wyoming

 

Dipinto raffigurante il mito della donna trasformata in orsa, ambientato a Devils Tower, realizzato da Herbert A. Collins nel 1936 (Devils Tower Visitor Center, Wyoming)

 

 
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