Mondo dei Morti

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Tombe di epoca vichinga nel sito archeologico di Lindholm Høje, nei pressi della città di Aalborg, Danimarca. In questa località, il più imponente sito funerario del Nord Europa, sono state portate alla luce più di settecento sepolture databili al X secolo, la maggior parte delle quali mostra la tipologia delle “tombe a forma di nave”, che contraddistingue il periodo vichingo.
Per gli antichi Germani la dea Hel era la personificazione del mondo sotterraneo e del regno dei morti. Secondo la tradizione mitologica riportata nell’Edda di Snorri, Hel, figlia di Loki e di una gigantessa, viene collocata da Odino nel regno sotterraneo (Niflheim), dove “le conferì potere su nove mondi a ciò che ella dividesse tutte le dimore fra quelli che le venivano inviati e che sono gli uomini morti per malattia e per vecchiaia”. La dea viene descritta come una figura inquietante: “Ella è per metà livida e per metà del color della carne e perciò facilmente riconoscibile, tiene lo sguardo rivolto in basso, torvo e crudele” (Gylfaginning, 34). La parola Hel veniva anche usata per indicare il luogo in cui soggiornavano i morti e sembra che il significato originario della parola fosse quello di “ciò che cela, che nasconde” e venisse impiegato per la tomba: successivamente fu esteso al mondo dei morti e solo più tardi venne personificato. Sebbene spesso concepito come situato sotto la terra, il regno dei morti era anche rappresentato come collocato all’estremo Occidente, al di là del mare, e questo spiega il motivo delle tombe a forma di nave, particolarmente diffuse durante l’epoca vichinga. Il mare a sua volta costituiva una sorta di regno infero, contrapposto alla terra e sede di forze oscure e pericolose.
Giulio Cesare (Guerra Gallica, VI, 18) riferisce che “i Galli affermano di discendere tutti dal padre Dite”, un termine con cui i Romani designavano Dis Pater, il dio dei morti, chiamato anche Plutone, equivalente dell’Ade greco. L’omologo celtico si ritrova nell’irlandese Donn (“il bruno”, “l’oscuro”), che dimorava su un’isola al largo delle coste sud-occidentali dell’Irlanda chiamata Tech Duinn, la “casa di Donn”. Un altro nome dell’isola, in antico irlandese, era Inis Tarbhnai, termine che fa riferimento alla parola tarbh, “toro”. Sembra così porsi una correlazione tra il dio dei morti Donn e il toro Donn Cuailnge, il “toro bruno di Cuailnge” che costituisce la figura centrale intorno a cui si svolge il racconto epico del Táin bó Cuailnge (“la razzia della mandria di Cuailnge”). Significativamente, il dio dei morti, Donn, era spesso associato e confuso con il dio dell’abbondanza e della fecondità, il Dagda.
Tra i Celti la visione dell’Altro Mondo come una terra al di là del mare compare anche nella concezione di Emain Ablach, l’Isola delle Mele, un luogo meraviglioso dove gli abitanti trascorrevano un’eterna estate, situato da qualche parte, al largo della costa della Scozia o dell’Irlanda. Una leggenda irlandese narra dell’eroe Bran Mac Febail, condotto in quel luogo alla ricerca di una misteriosa donna apparsagli in sogno, il quale trascorre sull’isola diversi anni. Preso da nostalgia per la sua terra, egli ottiene dall’amata, Niamh dai Capelli d’Oro, di ritornare nel suo paese, assieme a un gruppo di altri giovani che erano stati attratti in quel luogo. Quando però essi giungono presso le coste dell’Irlanda, il primo di loro che scende a terra si trasforma immediatamente in un mucchio di cenere, poiché il tempo sulla terra trascorre molto più velocemente che nell’Altro Mondo. Bran e i suoi compagni sono quindi condannati a errare attraverso il mare, rimanendo per sempre in una zona intermedia tra questo mondo e l’altro.

[Image: http://www.dailymail.co.uk/travel/article-1297580/Denmark-city-breaks-Six-things-Aalborg.html]